Il Brunello di Montalcino è uno dei più grandi e ricercati vini toscani. Le vigne intorno al borgo di Montalcino hanno sempre prodotto vino rosso, tuttavia è solo verso la fine del 1800, con l’intuizione di Clemente Santi, farmacista di Montalcino e patriarca dell’odierna cantina “cult” Biondi Santi, che nacque il Brunello. Fu il primo a credere e a vinificare il Sangiovese Grosso in purezza. Da allora, qui si producono i vini di grande pregio che sono diventati simboli dell’enologia italiana e mondiale, vere e proprie opere d’arte in bottiglia che possono fregiarsi del marchio DOCG. In realtà, solo nel 1965 fu creata la denominazione Brunello di Montalcino, per proteggere e disciplinare la produzione, e dovettero passare almeno altri 20 anni prima che il Brunello venisse riconosciuto come vino straordinario e poi di culto: questo grazie all'intuizione di un enologo piemontese (Ezio Rivella) e ai capitali di una famiglia italo-americana (i Mariani) che fondarono la oggi tanto famosa cantina Banfi. Il bouquet del vino rosso Brunello di Montalcino è uno di quelli che può fare impazzire un appassionato di vini, di una tale complessità che può rappresentare “il Sacro Graal” del vino. Il Brunello è un vino per chi sa aspettare: servono anni perché tutto il suo potenziale possa svilupparsi: i tannini e l’acidità devono rifinirsi, arrotondarsi, levigarsi smussarsi, mescolarsi per creare un intreccio magico di sentori che diventano sempre più eterei. Il risultato è davvero straordinario e tutto da provare! Scopri l'offerta di Vinopuro per il vino Brunello di Montalcino.
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Il Brunello nasce a Montalcino, naturalmente, e lo hanno inventato gli Ilcinesi, ovvero gli abitanti di Montalcino. Ma se oggi è così famoso nel mondo, lo si deve certamente ad un piemontese che risponde al nome di Ezio Rivella. Ma andiamo con ordine e vediamo quali sono i protagonisti di questa storia, così intrigante e poco conosciuta: Montalcino, bellissimo borgo medioevale in provincia di Siena; il Sangiovese Grosso (detto localmente Brunello); Ezio Rivella, enologo astigiano; i fratelli Mariani, imprenditori italo-americani da New York e, infine, Castello Banfi, la più grande azienda vitivinicola di Montalcino.
Se partiamo dallo splendido borgo, scopriamo che la vocazione vinicola di questo bellissimo comune medievale, a sud della Toscana, è antichissima: risale addirittura al tempo degli Etruschi. Ma approdando all’epoca moderna, già nell’800 qui si produce un vino rosso molto robusto e longevo che i locali chiamano Brunello, stante il colore molto scuro, appunto bruno, dell’uva Sangiovese Grosso, che è quella che si usa in purezza (ovvero al 100%) per produrre il celebre vino. Ci sono solo una decina di produttori a Montalcino, in questo periodo, tra cui quello ritenuto il padre putativo del Brunello: Clemente Santi, precursore della cantina più blasonata di sempre sul territorio ilcinese, ovvero Biondi Santi. Questa sarà la famiglia che, maggiormente, crederà nel grande rosso toscano, sin dalla fine dell’Ottocento e che tuttora primeggia tra le cantine più blasonate del territorio.
All’inizio del 900, Montalcino è, per abitanti, la terza città del sud della Toscana dopo Siena ed Arezzo; è un centro vivace di commerci che ha proprio nel Brunello il suo prodotto più famoso! E così nella prima metà del Novecento, Montalcino si sviluppa intorno al suo grande vino; tante idee e progetti che sono alla base, ancora oggi, della moderna commercializzazione e produzione del vino di qualità italiano. Ad esempio, nel 1931 Fattoria dei Barbi è la prima cantina in Italia, in assoluto, a vendere il vino per corrispondenza con un mailing (via lettera, naturalmente) a tutti gli avvocati e medici d’Italia e negli stessi anni, Biondi Santi inizia a spedire bottiglie di Brunello negli Stati Uniti ed in vari paesi esteri: assistiamo ai primi esempi di esportazione.
Ma arriviamo al 1964 con 2 eventi traumatici che distruggono quasi tutto quanto era stato faticosamente creato in questi decenni di fervore e innovazione: il primo evento è di caratura nazionale; viene abolita la Mezzadria e solo poche aziende agricole a Montalcino (ma anche nel resto d’Italia), già impoverite dalla Seconda Guerra Mondiale, possono trovare le risorse per riconvertirsi ai modelli di lavoro più attuali; le altre, la maggior parte, chiudono inesorabilmente! Il secondo evento è assolutamente locale, ma devastante; viene inaugurata ed aperta l’Autostrada del Sole, quindi, all’improvviso, dalla strada nazionale denominata "Aurelia" (che attraversa il borgo) non passa più nessuno! Il paese perde improvvisamente quei milioni di transiti all’anno su cui commercialmente viveva: è come se una città portuale si trovasse, d'improvviso, senza il mare! All'alba degli anni settanta, Montalcino è quindi un paese della Toscana meridionale tra i più poveri, in assoluto. La produzione di Brunello è ridotta al lumicino. La zona, come scrive Ezio Rivella nella sua autobiografia “Io e Brunello” «era desolata…quattro case e una stazioncina ferroviaria (Sant’Angelo Scalo) con più treni che passeggeri, terreni incolti e nemmeno l’ombra delle decine di cantine e agriturismi che si vedono ora».
E qui introduciamo il personaggio chiave della nostra storia: Ezio Rivella, appunto. Piemontese di Castagnole Lanze, classe 1933, enologo diplomato alla scuola di Alba, nei primi anni 50, giovanissimo, Rivella abbandona il Piemonte, all'epoca troppo legato ad una tradizione produttiva che non gli consente di sviluppare la modernità delle sue idee. La prima meta di Rivella è la zona dei castelli romani, dove diventa consulente di una grande cantina cooperativa: la celebre "Marino Gotto d’Oro". Qui Rivella scopre la sua vocazione innata per il marketing (all’epoca, termine pressochè sconosciuto) portando anche in questo settore idee nuove e vincenti (per esempio, il tappo a vite) che decuplicano le vendite del vino omonimo.
Ma arriviamo al 1967: anno topico. Alla Fiera Campionaria di Milano, Rivella (che nel frattempo si è trasferito, lavorativamente, alle Cantine Riunite di Reggio Emilia) incontra casualmente una persona: si tratta di John Mariani Junior da New York. questo è un incontro destinato a diventare storico per la storia del vino, in Italia e nel mondo! John, insieme al fratello Harry, guida la Banfi Inc. una realtà americana che dal 1917 (sopravvivendo al proibizionismo) importa e distribuisce, negli Stati Uniti, vini e specialità gastronomiche italiane. Il nome Banfi è in memoria della madre e di una cara zia, perpetua dell’arcivescovo di milano, Achille Ratti, futuro Papa Pio XI, nel 1922. John, a Milano, sta cercando un centinaio di casse di buon Lambrusco per testarlo sul mercato americano. Già allora gli americani avevano una predilezione per i vini frizzanti! La soluzione è nello stand di fronte al suo: quello delle Cantine Riunite di Reggio Emilia, capitanate commercialmente appunto da Rivella. Nasce così un sodalizio commerciale tra i più celebri e fruttiferi del mondo vinicolo italiano: il Lambrusco frizzante della Banfi Inc., “vestito” apposta per gli americani” dalle Riunite di Reggio Emilia, nel 1970 viene collocato in 12 milioni di bottiglie che diventeranno 120 milioni nel 1980! Cifre da capogiro! Nasce così quella fortuna finanziaria che permetterà qualche anno dopo alla Banfi di realizzare un sogno straordinario.
Infatti, facendo un balzo in avanti di qualche anno, arriviamo al 1977, quando John Mariani Junior, a cena a New York con Ezio Rivella per la consueta riunione commerciale, pronuncia un frase storica…“Forse è il caso che le cose ce le facciamo da noi, forse è il momento che la Banfi diventi anche produttore di vino (e non solo rivenditore, ndr)!” Ecco che per Rivella è arrivato il momento giusto per togliersi un chiodo fisso (da molti anni) conficcato nella testa: Montalcino e il suo Brunello, ovvero la rivalutazione e la riscossa di un vino e di un territorio straordinari, caduti in disgrazia da anni! Rivella, quindi, espone subito a Mariani la sua idea: acquistare tutti quei terreni in svendita a prezzi irrisori, in quel luogo semi sperduto, ma dalle potenzialità enormi, che può diventare il luogo della “sua” azienda ideale. “Mi piace, Ezio! Quanto ci vuole?” chiede il pragmatico americano ad uno spaesato Rivella che riesce a malapena a rispondere, di primo achito: “Ma...non so...almeno 50 milioni di dollari…!” Si tratta una cifra colossale per l’epoca; in realtà, poi si supereranno i 100 milioni di investimento. John Mariani non batte ciglio e risponde: "Ok, dammi 5 anni di tempo, te li mando un po’ per volta". E dopo una settimana, Rivella, tornato in Italia, riceve una strana telefonata dal direttore del Credito Italiano di Roma (dove Rivella abitava e aveva il suo conto corrente): “Dr. Rivella, guardi che qui sono arrivati, con un bonifico, 4 miliardi di lire per lei…" Rivella, assolutamente basito, solo in un secondo momento capisce che John Mariani stava facendo sul serio...
I fratelli Mariani, insieme ad Ezio Rivella, danno quindi vita “al più grande progetto che sia mai stato realizzato nella produzione di vini di qualità, in italia”, ovvero Castello Banfi a Montalcino.
Bisogna, a questo punto, fare anche un piccolo commento storico, contestualizzando la situazione e l'epoca degli eventi: nessuno avrebbe scommesso sull’Italia di quegli anni, i tristemente famosi “Anni di Piombo”….soprattutto cifre cosi ingenti: fattori politici come il terrorismo, l'uccisione di Aldo Moro (maggio 1978) e l'instabilita' economica del paese Italia non erano certo incoraggianti. L’unica situazione casualmente, ma veramente favorevole, si rivelerà la svalutazione della lira e questo è solo un esempio: nel 1978, 1 dollaro = 836 lire e 6 anni dopo, ovvero nel 1984, 1 dollaro = 2.000 lire! Inoltre, la Banfi Inc. comprava il vino in lire (in Italia) e lo rivendeva in dollari, poi mandava a Rivella i dollari che venivano cambiati in lire e investiti a Montalcino. Talvolta il cambio-valuta arrivava a fruttare fino al 30%!!! Ecco quindi che nel 1977 inizia la faraonica campagna acquisti dei terreni da parte della nuova compagine societaria, la Castello Banfi. In totale, alla fine saranno acquisiti circa 3.000 ettari sui complessivi 30.000 del comune intero di Montalcino!
Nel 1984, dopo anni di progetti e difficoltà di ogni genere, è realizzata e pronta per essere inaugurata l’azienda ideale di Rivella, ovvero l’industria della qualità; viene cioè realizzato il più moderno stabilimento vinicolo del mondo, dove produrre Brunello di alta qualità, con un obiettivo iniziale di 300.000 bott./anno quando, all'epoca, tutti i produttori di Montalcino insieme ne producevano la stessa quantità! E proprio nel 1984, dopo 5 anni di estenuanti trattative (e solo per sopraggiunta improvvisa morte del proprietario), viene restaurato ex novo (4 anni di lavori e 3 mld lire solo per rifare le fondamenta) il meraviglioso Castello di Poggio alle Mura, (ancora oggi sede della vinicola Banfi Spa) e viene inaugurata quindi l’azienda nel suo complesso, ovvero la sede e il sito produttivo: una vera macchina da guerra. Attrezzature d’avanguardia in vigna e in cantina. Decine di trattori di ultima generazione, addirittura un elicottero! Si parte con la produzione e, ovviamente, il mercato di riferimento è quello americano, dove è prevista la vendita della maggior parte delle bottiglie prodotte di Brunello.
Ma nel 1985, quindi solo un anno dopo, accade l’Apocalisse!! L’azienda non fa in tempo a partire con la produzione che a febbraio scoppia lo scandalo del vino austriaco (aggiunta di antigelo nel vino, ovvero glicole etilenico); scatta quindi il blocco immediato dell’ente americano FDA (Food and Drug Administration) alle importazioni europee! Questo comporta, nel successivo anno, una perdita di circa 80 mil di dollari per la Banfi Inc. che non può più importare e rivendere il Lambrusco sul mercato Usa (vero motore finanziario dell’operazione Brunello) e naturalmente nemmeno l’ultimo prodotto: il Brunello! Quindi, di fatto, l’operazione Montalcino è scoperta finanziariamente!
Ma il peggio doveva ancora arrivare! All'inizio del 1986 scoppia ancora uno scandalo, questa volta in Italia, quello del Metanolo. Sono quindi ancora bloccate le esportazioni in USA del vino europeo! A poco più di un anno dall’inaugurazione della cantina più grande, moderna e ambiziosa d’Europa (e forse del mondo), il suo condottiero si ritrova senza copertura finanziaria e senza mercati commerciali di riferimento. I fratelli Mariani alzano le mani, sono sull’orlo del fallimento. Rivella è, da questo momento, un uomo solo… Ma dopo un primo momento di totale smarrimento, riesce ad elaborare un piano strategico, che (nel tempo) risulterà essere vincente. Eccone i punti salienti: ricerca di copertura finanziaria dalle banche italiane, ricerca e produzione ossessiva della qualità, nuove strategie di vendita sul mercato italiano e (poi) europeo attraverso acquisizione di reti vendita già esistenti, far conoscere il Brunello attraverso cene/degustazioni/incontri alle persone “che contano”, far conoscere la cosa più bella: l’azienda e il castello, quindi visite guidate ai buyer esteri, mantenimento dell’alto posizionamento del prodotto e nessuna svendita del Brunello, il prezzo non si abbassa! e, in ultimo, vendite ”en primeur”, come si usa in Francia.
Grazie a queste strategie, dopo ben 5 lunghissimi anni, il Brunello cresce nel mercato italiano e poi nel mondo e tornano gli americani con capitali freschi! Ezio Rivella ha vinto la sfida! Così, dopo aver portato l’azienda a produrre (e a vendere) 1.000.000 di bott all’anno di Brunello, Rivella nell’anno 2000 lascia il timone della Banfi per occuparsi delle proprie vigne in Toscana ed in Piemonte. Periodicamente riceve onorificenze e incarichi prestigiosi, in Italia e nel mondo, mentre Banfi ritorna nelle mani degli americani con la settima generazione della famiglia Mariani: siamo ai giorni nostri, la stella e il lustro del Brunello brillano nel mondo, avendo peraltro creato, nel tempo, un indotto incredibile nel territorio che ha visto il moltiplicarsi delle aziende produttrici (oggi oltre 250(!)), la presenza di decine strutture ricettive e di milioni di visitatori all’anno. Lunga vita al Brunello, dunque!
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