Giappone 

La produzione di alcolici in Giappone ha una lunghissima tradizione (il sake su tutti), a cui si affianca quella più recente, relativa ai distillati. O meglio, anche qui l’esperienza è davvero storica, ma solo recentemente (intorno all’inizio degli anni 2000) il Giappone si è reso protagonista di una produzione di Whisky, Rhum e Gin di alta qualità, conseguendo anche importanti riconoscimenti internazionali. Ricordiamo che da circa duemila anni il sake riveste un ruolo centrale nella vita dei giapponesi e, grazie alla successiva diffusione di conoscenze specifiche e delle tecniche di fermentazione, ha gradualmente raggiunto ogni angolo del paese. Ricavato principalmente dal riso, il sake è prodotto dalla fermentazione di un microrganismo, detto koji, e di lievito. Il suo contenuto alcolico può variare dal 13 al 16%. Molte sono le varietà di sake, che a seconda della stagione possono essere consumate, fredde o calde, e oggi sono diverse le varietà di riso che vengono utilizzate; questa selezione permette la produzione di prodotti di elevata qualità. Per quanto riguarda il Whisky, da qualche anno il settore ha “accettato” la presenza, e a volte la supremazia, della produzione nipponica: i whisky giapponesi possiedono qualità organolettiche a volte molto distanti da quelle di tradizione occidentale e per questo, risultano insolite, ma intriganti al nostro palato. Queste sono premesse indispensabili per approcciare la degustazione di prodotti, a volte, davvero particolari e molto interessanti. Lo stesso vale per gli altri distillati, che seguono specifiche produttive di tipo “tradizionale”, ma spesso con materie prime “locali” (per esempio, l’importantissima acqua): questo determina variazioni organolettiche a volte significative e, insieme, affascinanti.