L’Alta Langa è uno spumante metodo classico italiano che nasce in Piemonte. Anche se poco conosciuta, questa che vi raccontiamo è una realtà storica: il primo spumante Metodo Classico italiano nasce proprio in Piemonte, e non in altre celebri zone come oggi si potrebbe pensare osservando l’attuale panorama spumantistico del nostro paese. Ebbene sì, la terra famosa nel mondo per i suoi grandi rossi ha aperto la gloriosa strada della spumantistica italiana, anche se poi ha lasciato storicamente il passo ad altre realtà, per poi riprenderlo (e con un'ottima produzione) una ventina di anni fa. La produzione dello spumante Alta Langa DOCG prevede solo uve di Pinot Nero e Chardonnay, in purezza o insieme in percentuale variabile; può essere bianco o rosé, e ha lunghissimi tempi di affinamento sui lieviti, come prevede il severo disciplinare: almeno 30 mesi. L’Alta Langa DOCG è esclusivamente Millesimato, riporta cioè sempre in etichetta l’anno della vendemmia, elemento di gran qualità, per uno spumante, non previsto e, quindi, non obbligatorio nei disciplinari degli altri spumanti Metodo Classico italiani.
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LA STORIA DEL METODO CLASSICO IN ITALIA
Andiamo con ordine: già dall’inizio del 1800 i conti di Sambuy importano dalla Francia i classici vitigni come Pinot Nero e Chardonnay, riscontrando assonanze climatiche e territoriali con le già famose bollicine francesi; chiaramente il modello di ispirazione è quello della Champagne. Ma lo sviluppo vero e proprio si deve a Carlo Gancia: l'attrazione per la regione francese più famosa nel mondo è, per lui, irresistibile e, dopo gli studi di enologia, parte alla volta di Reims, la "capitale" della Champagne, con l’obiettivo di carpirne i segreti di produzione. Rientrato in Piemonte, nel 1850 Gancia individua nella zona di Canelli il terroir più adatto per coltivare uve da spumante e inizia un periodo di lavoro e sperimentazione con il Pinot Nero e lo Chardonnay, aprendo una sua prima e piccola attività con il fratello, dove inizia la produzione del primo spumante italiano utilizzando le tecniche di lavorazione del metodo “champenoise” e, di fatto, aprendo la strada a molti altri produttori del territorio, e non solo. Questa è appunto la storia, tutto il resto arriva dopo.
COME NASCE L’ALTA LANGA DOCG
Nel corso degli ultimi 50 anni, altre realtà territoriali sono nate, tra quelle più note certamente annoveriamo la Trento Doc e la Franciacorta (docg), ma soprattutto nel corso dell’ultimo decennio la produzione di spumanti Metodo Classico si è estesa in tutta Italia, individuando nuovi vitigni e territori molto interessanti. I piemontesi sono stati a guardare per lungo tempo, senz'altro concentrati e impegnati nella produzione di grandi rossi (e del traino che generavano, in Italia e all'estero). Anche se le grandi aziende, le case Storiche, come appunto Gancia, Riccadonna, Cinzano, Fontanafredda spumantizzavano già con il Metodo Classico, ma acquistando le uve in Oltrepò e Trentino.
Alla fine degli anni 80, si scorge una veemente reazione di alcuni produttori piemontesi per iniziare produrre l’uva in Piemonte: viene proposta, in prima battuta, una “santa alleanza” tra i territori vitati delle province di Cuneo, Asti e Alessandria, vocati alla produzione di uve da spumante. I protagonisti sono Gianfranco Caci (Cinzano), Alberto Contratto (Contratto), Alessandro Abbruzzese (Tenimenti di Barolo e Fontanafredda), Vittorio Vallarino Gancia (Gancia), Giorgio Giusiana (Martini & Rossi), Ottavio Riccadonna (Riccadonna) e Giuseppina Viglierchio (Vini Banfi) che firmano il 28 febbraio 1990 il patto di intesa che dà avvio al “Progetto Spumante Metodo Classico in Piemonte”. Il 5 marzo 1990 il “Progetto Spumante” viene presentato ufficialmente ad Asti.
Gli obiettivi sono inizialmente due: in prima istanza, realizzare analisi attraverso ricerche scientifiche rigorose, per verificare l'esistenza delle più favorevoli condizioni pedoclimatiche alla coltivazione delle uve chardonnay e pinot nero per la produzione di spumanti Metodo Classico. In seconda battuta, stimolare nella Regione la nascita e lo sviluppo di un vero e proprio comparto di aziende orientato alla produzione di spumante Metodo Classico. Ma per realizzare il “Progetto” non bastano solo le linee guida, ci vogliono anche le uve, quindi i vigneti. Ecco che avviene la concessione di 18 vigneti sperimentali che la Regione Piemonte mette a disposizione del “Progetto Spumante”, con la supervisione di tutto lo staff dell'Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Asti. Così, la formula inizialmente spontanea di un gruppo di aziende motivate da obiettivi coincidenti e disposte a lavorare ed investire per costruire qualcosa di nuovo nell’ambito del settore vitivinicolo piemontese, lascia il posto a un Comitato di Coordinamento, costituito in associazione e denominato “Tradizione Spumante“, che diviene realtà il 4 giugno 1993. Intanto, gli studi continuano; le vigne sperimentali si ampliano a 48 ettari, una piattaforma difficilmente riscontrabile altrove. Arriviamo al 1994, con la prima vendemmia dei primi 18 ettari di impianti sperimentali che erano entrati in produzione. Sin da subito, l'uva viene raccolta e conferita in piccoli contenitori, secondo il protocollo di lavoro predisposto per la sperimentazione enologica, guidata dal francese Georges Hardy che diventerà poi parte del Disciplinare di produzione. Nel 1997, a marzo, la denominazione “Tradizione Spumante” viene abbandonata per diventare “Case Storiche piemontesi”, nel frattempo, sia nel vigneto che in cantina prosegue il lavoro sperimentale, con i due gruppi (Case storiche e viticoltori) che iniziano a studiare, in maniera sempre più definita, la questione della Denominazione di Origine, che si rivela di non facile soluzione. Manca il nome! Dopo aver affidato l’incarico ad una importante agenzia di comunicazione di Torino, con esiti deludenti, si pensa anche all’ipotesi di collegare il nuovo prodotto alla “Doc Piemonte”, considerandolo come frutto di una “sottozona” della medesima denominazione, tipo “Piemonte Classico”, che non vien però ritenuta sufficientemente convincente. Nel 1998, Giovanni Minetti formula l’ipotesi “Alta Langa” che si rivela un'intuizione fortunata: si capisce che è la soluzione ideale, ma il riconoscimento della Denominazione di Origine tarda a venire. Si devono attendere ancora 3 anni per vedere, nel febbraio del 2001, l'avvio delle pratiche per ottenere, ad esclusivo vantaggio delle proprie aziende associate, la registrazione del marchio collettivo “Alta Langa”, che però non è il riconoscimento della Denominazione, la quale arriva ad essere ufficializzata dal Ministero il 16 ottobre 2002, con la pubblicazione del decreto di riconoscimento sulla Gazzetta Ufficiale. Come ben si comprende, i progetti che hanno a che fare con territori estesi, tanti produttori, case storiche, etc. abbisognano di tempi molto, molto lunghi, ma il risultato finale sarà davvero eccellente, sia a livello normativo, sia a livello di qualità-prodotto.
I NUMERI DEL CONSORZIO ALTA LANGA DOCG
Sicuramente un vino d'eccellenza, l’Alta Langa DOCG, quasi d'elite (almeno per ora), in quanto ad oggi, le 40 cantine consorziate producono 70 diverse etichette di Alta Langa DOCG, realizzate in circa 300 ettari di vigneto, (1/3 coltivati a chardonnay, 2/3 a pinot nero) per una produzione che non supera i 2 milioni e mezzo di bottiglie all'anno, che peraltro vanno velocemente esaurite, con un valore commerciale di giro d’affari intorno ai 100 milioni di euro. Sono quindi pochi produttori che hanno il compito di valorizzare e promuovere le peculiarità che i loro vini sanno esprimere, caratterizzati da forte espressione territoriale, spumanti prodotti nella cornice di una netta e chiara sostenibilità ambientale, il presupposto per definire il loro futuro commerciale all’interno di un mercato sempre più competitivo. Questa, in numeri, la fotografia attuale della denominazione Alta Langa, espressione di un'antica vocazione vinicola espressa, oggi, ai massimi valori qualitativi. Nel 2011, l’Alta Langa DOC ottiene la prestigiosa DOCG, con il riconoscimento retroattivo fino alla vendemmia 2008.
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